Psicologo in Italia: come mai ci sono ancora tanti tabù sulla terapia?

Negli ultimi anni, in Italia, si parla molto di più di salute mentale. Nonostante questo, esistono ancora numerosi stereotipi duri a morire sulla figura dello psicologo e sulla scelta di andare in terapia.

In Italia c’è un alto numero di psicologi e questo potrebbe sembrare un dato controcorrente rispetto ai tanti stereotipi e pregiudizi legati a questa figura.

Tuttavia, l’attenzione riservata alla formazione e all’approfondimento professionale in questo campo – peraltro regolamentata da precise normative che impongono l’obbligo di aggiornamento continuo sui nuovi sviluppi della psicologia e della sanità in generale attraverso i corsi Fad Ecm per psicologi – potrebbe rappresentare una garanzia per coloro che nutrono dubbi o scetticismo riguardo alla terapia psicologica.

Per capire meglio la situazione e per approfondire quello che è un fenomeno importante da sradicare, vediamo, però, quali sono i principali luoghi comuni sulla figura professionale dello psicologo e a cosa sono dovuti.

Andare dallo psicologo: perché in molti fanno (ancora) fatica?

La pandemia da Covid può essere definita, a ragione, come uno spartiacque per quanto riguarda la salute mentale in Italia. L’emergenza sanitaria ha sia aumentato i casi di ansia e depressione, sia contribuito alla maturazione di una nuova consapevolezza sul benessere interiore.

Le restrizioni sociali inizialmente e l’oggettiva comodità poi hanno comportato un aumento del ricorso alla terapia online, con la nascita di numerosi portali dedicati a questo servizio.

Nonostante questo, ci sono ancora tantissime persone che sono restie a contattare uno psicologo quando si sentono male o che fanno fatica a parlare del fatto di aver iniziato una terapia.

Tra i motivi dietro a questo quadro è possibile includere diversi fattori. Da un lato, si ha a che fare con l’immagine stereotipata della persona tutta d’un pezzo, che deve farcela da sola.

Dall’altro, nonostante lo psicologo sia stato riconosciuto ormai da sette anni come professionista sanitario, rimane ancora salda, in tante persone, l’immagine di questa figura associata a qualcosa di poco chiaro, a volte manipolativo o di indicato solo se si hanno patologie mentali.

Luoghi comuni che, in qualche modo, sono spiegabili considerando anche il poco tempo trascorso da quando la professione dello psicologo ha preso piede nel nostro Paese.

Per rendersi conto di quanto sia giovane la figura professionale alla quale è dedicato questo articolo, ricordiamo che l’apertura dei primi corsi di laurea in Psicologia è avvenuta a Padova e a Roma “solo” nel 1971.

Diciotto anni dopo, per la precisione nel 1989, è arrivata la fondazione dell’ordine professionale.

Un altro pregiudizio che porta molte persone a guardare con diffidenza la terapia e lo psicologo riguarda la convinzione che il percorso sia una sorta di magia che, con un paio di sedute, cambia radicalmente la vita.

Sono tante le persone che, dopo aver iniziato, non riscontrando miglioramenti in tempi immediati, abbandonano facendosi sopraffare da pregiudizi non sensati sulla figura dello psicologo e sulla terapia.

Nonostante si siano fatti strada ormai da tempo approcci che puntano sulla riduzione dei tempi del percorso – l’orientamento cognitivo comportamentale, con le sue evoluzioni legate alla Mindfulness – pensare di risolvere i propri problemi in due o tre sedute è illusorio.

In media, ce ne vogliono tre o quattro per fare in modo che il professionista capisca chi ha davanti e per impostare gli obiettivi (no, la terapia non è una chiacchierata con un amico, ma un percorso che, come appena detto, si basa su obiettivi da raggiungere e su un patto fra terapeuta e paziente).

La barriera economica

Quando si parla dei motivi per cui la psicologia in Italia è ancora un tabù, un doveroso cenno va dedicato alla barriera economica. I servizi sanitari locali e quello nazionale sono in grado di assorbire solo parzialmente la domanda di accesso ai percorsi di cura della salute mentale e di miglioramento del benessere interiore.

Il privato è l’alternativa, ma ha costi non accessibili a tutti visto che, in media, una seduta da uno psicologo ha un costo che si aggira tra i 50 e i 100 euro e che non tutti hanno la possibilità di scaricare questo onere economico dalle spese sanitarie.

Per venire incontro a chi si trova in difficoltà nell’accedere alle prestazioni degli psicologi e degli psicoterapeuti sono state istituite misure come il bonus psicologo, per qualcuno non sufficienti, per altri comunque un passo verso il riconoscimento dell’importanza della salute mentale.

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