Contratto di espansione 2021: come funziona e come andare in pensione a 62 anni

Il Governo inserirà nel decreto Sostegni bis i "contratti di espansione"

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Il Governo sta lavorando ad una riforma delle pensioni che preveda l’utilizzo dei cosiddetti “contratti di espansione”, che verranno già inseriti nel decreto Sostegni bis in approvazione la prossima settimana. Inoltre è possibile che vengano resi strutturali come riforma delle pensioni dal 2022, anno nel quale verrà interrotta Quota 100 e si rischia di creare uno scalone di cinque anni per chi dovrà utilizzare la Legge Fornero per il pre-pensionamento.

Contratto di espansione: cos’è?

Il contratto di espansione è stato introdotto nel 2019 dal decreto Crescita, tramite una sperimentazione che prevede una cassa integrazione straordinaria per chi ne fa richiesta. Inizialmente è stato destinato a imprese con un elevato numero di dipendenti (maggiore di 500), tramite degli accordi con i sindacati e legati a piani di riorganizzazione.

Chi aderisce al contratto di espansione ottiene delle agevolazioni contributive per i piani di assunzione legati alle uscite previste in maniera volontaria (per le imprese con più di 250 dipendenti).

Nella legge di Bilancio 2021 era stato prorogato anche per quest’anno con i parametri attualmente in vigore.

Il decreto Sostegni bis andrà ad introdurre delle modifiche alla legge iniziale per i contratti di espansione, con l’ampiamento della platea di imprese che ne potranno usufruire, andando ad abbassare la soglia per l’utilizzo a 100 dipendenti. Tutte le imprese con più di 100 dipendenti potranno utilizzare i contratti di espansione per i lavoratori più anziani che vogliono andare in pensione anticipata.

Chi può aderire al contratto di espansione

Lo scivolo pensionistico è destinato ai lavoratori che si trovano a non più di 60 mesi (5 anni) dalla pensione anagrafica o anche anticipata.

Per esempio chi dovrebbe andare in pensione a 67 con la Legge Fornero, con il contratto di espansione potrebbe andare in pensione anticipata a 62 anni, la stessa che attualmente garantisce Quota 100.

L’azienda si impegna a versare al lavoratore un’indennità mensile, pari al trattamento pensionistico lordo maturato dalla persona. A questa somma va tolta l’indennità di Naspi che il lavoratore avrebbe percepito come disoccupazione, per tutti i mesi nei quali avrebbe avuto diritto.

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